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giovedì 16 luglio 2015

Quel negozio a Marsala sequestrato al cognato di Matteo Messina Denaro


  A Marsala sono le dieci di mattina del 18 maggio 2013.
 
 
C’è un tizio che osserva scrupolosamente le vetrine di un negozio di abbigliamento in via Gambini, 52. E’ il giorno di apertura al pubblico di “Blu Oltre Moda”.
 La titolare, sulla carta, è Gabriella Mistretta di Castelvetrano, è emozionata per il primo giorno. Ma anche quel tizio, fuori, che guarda le vetrine, sembra essere ancor più interessato al buon andamento della gestione iniziale del punto vendita. E prima di entrare si sincera che l’esposizione sia stata presentata nel migliore dei modi. 
 
Il tizio in questione è Gaspare Como, imprenditore pregiudicato, cognato di Matteo Messina Denaro, avendone sposato la sorella Bice Maria. Il fatto di essere anche imputato in un procedimento penale per trasferimento fraudolento di valori non sembra averlo impensierito più di tanto, al punto da aprire, secondo gli inquirenti, un altro negozio intestato ad altri, ma di fatto riferibile a lui.
Dopo l’attenta osservazione, Como entra al “Blu Oltre Moda”, dove si intrattiene a parlare con un certo Gianvito Paladino. E’ il marito della titolare, anche lui di Castelvetrano e anche lui imputato insieme al cognato del boss nel precedente processo per intestazione fittizia del 2012, quello del sequestro da 500 mila euro.
 
Como parla per circa un’ora in quella che sarebbe difficile definire una semplice visita di cortesia, esce dal negozio e, dopo aver guardato con sospetto all’interno delle auto in sosta, si allontana velocemente con un’Alfa Romeo GT intestata allo stesso Paladino.
 L’attività commerciale di Marsala apre quindi a poco più di una settimana di distanza dall’altro negozio di abbigliamento di Castelvetrano, formalmente intestato a Vita D’Anna, un’ex dipendente della ditta individuale Messina Denaro Bice Maria, che si licenzia senza tante spiegazioni il 9 maggio del 2013, per diventare la titolare di “Euromoda”.
Si tratta dei due negozi che, insieme ad una villa a Triscina, sono stati sequestrati qualche giorno fa nell'operazione che ha portato agli arresti domiciliari Gaspare Como, e all'iscrizione nel regitro degli indagati di quelli che per la Dia sarebbero i suoi prestanome. Negozi che non hanno nulla a che vedere col “Mercatone” di Castelvetrano, che di recente Como si era invece intestato personalmente, dopo aver ottenuto la licenza commerciale dal Comune con una falsa attestazione in netto contrasto col certificato penale e con gli atti acquisiti dagli inquirenti. Licenza che il Comune stesso ha poi revocato.
La merce per il negozio di Marsala (così come quella per il negozio di Castelvetrano) veniva ritirata a Palermo presso Lin Jin Ju (detta Linda, che in italiano è più facile).
 
Dei rapporti con Linda, ne abbiamo parlato ieri. Il 3 ottobre 2013 è lo stesso Como che va a ritirarla, dopo che la commerciante cinese chiama al cellulare Vita D’Anna, alla quale chiede: “State a venile Gàppale a Palemmo?” e la D’Anna risponde “Si si si, sta arrivando, va bene?”. 
Secondo gli inquirenti, la conferma che a gestire il “Blu Oltre Moda” fosse in realtà Gaspare Como è data in modo univoco dal contenuto di una telefonata tra Gabriella Mistretta e la fornitrice cinese, avvenuta appena due ore dopo la prima telefonata con la D’Anna, quindi dopo il ritiro della merce da parte del Como.
Ancor prima che dall’altro capo del telefono ci fosse risposta, mentre il cellulare è aperto gli investigatori distinguono chiaramente in sottofondo le voci di Gianvito Paladino e Gaspare Como che parlano di soldi. La conversazione tra le due donne riguarda un problema di annotazione sul dare/avere. Il punto gira attorno a 900 euro, che secondo Gabriella Mistretta andrebbero depennate: “Si, senti una cosa Linda… quando noi siamo venuti a fare il reso… giusto?”… “Linda… Linda… ascolta… ascolta… dal foglio che tu hai dato a me tu le hai tolte queste 900 euro… invece dal foglio che è rimasto da te tu non te le sei tolte queste 900 euro… quindi è come se noi te ne dobbiamo dare ancora… hai capito? Ti ricordi tu cosa mi hai detto… ora io lo faccio sul mio conto”.
E mentre Linda parla in cinese con qualcuno nel suo negozio, in sottofondo si distingue di nuovo la voce di Gaspare Como: “…Ha scaricato solo 199 euro… i 910 euro..
Secondo gli inquirenti “il reso” sarebbe stato operato dallo stesso Como. La Mistretta, per “cautela comunicativa”, avrebbe utilizzato sempre la prima persona (singolare o plurale) senza mai fare riferimento al “Gaspare”, anche se appare chiaro dalla stessa discussione, che lei non fosse stata presente al momento della consegna del “reso” e delle relative annotazioni. Diversamente, sottolineano gli investigatori, avrebbe avuto la possibilità di chiarire tutto in quel momento, senza ricorrere alla rischiosa telefonata. 
Su questi fatti, anche le dichiarazioni di Lorenzo Cimarosa, cugino del superboss, sono state riscontrate nei minimi dettagli
Al magistrato Teresa Principato, durante un interrogatorio, aveva detto al riguardo: “Da quando gli hanno sequestrato il negozio là a Castelvetrano che lui se n’è aperti altri due e si è comprato pure la casa e piangevano perché dice che con il negozio che gli avevano sequestrato non potevano mangiare”.
Lorenzo Cimarosa al momento è in carcere, con una condanna in primo grado per mafia. Anche se non è un collaboratore di giustizia, come lui stesso ha tenuto a precisare già una settimana dopo il suo arresto, dicendo “non sono un pentito, non mi sento mafioso”, le sue dichiarazioni si sono rivelate utili in più di un’occasione. 
 Sulle intestazioni fittizie di Gaspare Como, le parole di Cimarosa sono state considerate attendibili. Gli inquirenti ne hanno valutato positivamente “la coerenza, la completezza, la ricchezza di particolari , la fluidità e consequenzialità delle scansioni narrate”.
Intanto, quasi tutti i componenti della famiglia Messina Denaro hanno visto il carcere in più di un’occasione. Gli arresti e i sequestri continuano, ma il capomafia castelvetranese rimane ancora latitante. 

Egidio Morici
 
Fonte: TP24

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