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giovedì 5 maggio 2016

«Qua comando io». L'antimafia "sporca" di Pino Maniaci

Il direttore di Telejato, paladino della legalità, è indagato per estorsione dalla procura di Palermo. Chiedeva denaro ai sindaci in cambio del silenzio stampa su episodi compromettenti. Nelle carte anche la telefonata di Renzi che esprime solidarietà dopo le intimidazioni subite. Minacce però opera del marito dell'amante. E non di Cosa nostra come il giornalista voleva far credere.

La mafia dell'antimafia, urlava in una telefonata Pino Maniaci. Uno slogan che ripete spesso il giornalista dell'emittente locale Telejato, diventata un caso nazionale per la resistenza dura e pura ai clan. Pino, l'eroe di Partinico, provincia di Palermo, girava tutta l'Italia per spiegare ai ragazzi delle scuole come si combatte il potere mafioso. Eppure, mentre girava per le classi di mezzo Paese gestiva gli affari privati che di antimafia hanno ben poco.

Per questo i carabinieri di Partinico gli hanno notificato un provvedimento di divieto di dimora nelle province di Trapani e Palermo su ordine del gip di Palermo. I pm della procura, infatti, lo hanno indagato per estorsione. Diverse estorsioni. Le vittime sono sindaci e assessori della zona di competenza di Telejato.
Un altro colpo durissimo per la credibilità dell'antimafia. L'ennesimo bluff - se dovessero dimostrarsi vere le accuse dei magistrati - in nome della legalità. L'inchiesta su Maniaci muove i primi passi da un'indagine molto più ampia sulla cosca di Borgetto, governata dai fratelli Giambrone. Per loro la procura antimafia ha ottenuto gli arresti.
Ma in questa ordinanza un lungo capitolo è dedicato alle estorsioni commesse dal direttore di Telejato. Il paradosso è che Maniaci si comportava con taluni amministratori pubblici come un qualsiasi boss che lui stesso giurava di combattere: «Qua comando io...» dice in un'altra intercettazione.

Da paladino a indagato per estorsione. Una parabola amara. Sfruttando il ruolo costruito negli anni nel panorama mediatico. Prometteva di essere indulgente con i sindaci di Partinico e Borgetto, solo se questi gli avessero versato delle somme di denaro e garantito agevolazioni varie. Solo così le amministrazioni potevano stare tranquille ed evitare servizi televisi contro di loro.
Ecco cosa scrive il giudice per le indagini preliminari: «Ebbene, si è scoperto grazie alle intercettazioni corroborate dalle dichiarazioni delle vittime (il Sindaco del Comune di Partinico Salvatore Lo Biundo ed il sindaco del Comune di Borgetto Gioacchino De Luca, che riferisce anche della estorsione in danno dell'Assessore comunale Gioacchino Polizzi, dimostratosi a riguardo reticente) che il Maniaci, forte del potere mediatico ottenuto ed esercitato nel circondario jatino, ha cominciato a sfruttarlo per vessare vari amministratori locali che, intimoriti dalle notizie lesive della loro immagine e reputazione, artatamente paventate dal direttore di Telejato, vengono costretti a versare anche periodicamente somme di denaro per evitare o prevenire la divulgazione di servizi televisivi lesivi del loro operato e della loro onorabilità».
La prima vittima accertata è l'assessore di BorgettoGioacchino Polizzi. Quest'ultimo è molto chiaro al telefono: per tenere a bada il direttore di Telejato, era stato costretto dal sindaco ad acquistare una partita di magliette, «nonché mettere a disposizione del giornalista gratuitamente un'abitazione».
È lo stesso Polizzi che ha ammesso senza mezzi termini di essere stato costretto ad accettare questa imposizione. L'assessore nella telefonata con il sindaco pro tempore di Borgetto andava anche oltre. Spiegando al primo cittadino che se Maniaci avesse continuato a denigrarli avrebbe contattato la famiglia mafiosa Giambrone per farlo smettere.
«Ha voluto le magliettine gratis da me, ha voluto duemila euro di magliettine gratis ed ha voluto tre mesi di casa in affitto che l'ho pagata io di tasca mia....questa è estorsione...questa è pure estorsione», si agita l'assessore Polizzi intercettato. Che aggiunge: «Se sono mafìoso perché ha voluto la casa gratis da me, perché mi è venuto a cercare le magliette se sono mafioso?» riferendosi alle sue parentele borderline conosciute dal giornalista di Partinico.
I magistrati per verificare ulteriormente questi episodi hanno sentito anche il sindaco di Borgetto, Gioacchino De Luca. Descrive Maniaci come un intoccabile, protetto dalle istituzioni. «Voglio precisare che avevo paura che Giuseppe Maniaci come paladino dell'Antimafia ci infangasse come Amministrazione e per questo gli davo dei soldi. Avevo timore di una delegittimazione politica e di un linciaggio mediatico. Volevo evitare che usasse la televisione contro di me. Giuseppe Maniaci è frequentemente accompagnato da soggetti delle Istituzioni, come magistrati, segnatamente il dott. Ingroia, o prefetti e pertanto appare come un intoccabile tanto è vero che gira con la scorta».
Sempre De Luca aggiunge: «Ho versato il denaro per evitare di subire ritorsioni mediatiche così come è capitato di recente quando Maniaci mi riferiva che il Prefetto di Palermo, amica sua, era pronto a sciogliere il consiglio comunale di Borgetto ovvero quando periodicamente annuncia l'arrivo di lettere pure anonime che delegittimano la mia azione politica». Amici e nemici. Il confine tra le due categorie è molto labile per il giornalista. Se in un caso millanta di conoscere bene il prefetto di Palermo, qualche tempo dopo finirà nel mirino della tv per la vicinanza a Silvana Saguto, il giudice dello scandalo della gestione dei beni confiscati di Palermo.
Nonostante il quadro delinato da carabinieri e procura, però, il gip ha ritenuto non fondati i gravi indizi di colpevolezza per Maniaci per l'estorsioni ai danni di Polizzi. Al contrario, ben fondati anche per il giudice sono gli indizi relativi a una seconda estorsione ai danni proprio di De Luca. Ci sono intercettazioni ambientali difficili da smentire. Per esempio quando Pino Maniaci entra nell'ufficio del sindaco e dopo essersi seduto esclama «con tono autoritario e lapidario la frase benedetta la liquidità...sborsate».
Le telecamere degli investigatori riprendono anche i momenti successivi. Si vede il giornalista richiedere il denaro aprendo e chiudendo la mano ripetutamente. E il sindaco estrarre la somma pattuita dalla tasca dei pantaloni e consegnarli al paladino della legalità. Alla fine del siparietto, De Luca sollevato, e sottomesso, si rivolge a Maniaci: «Ci dovremmo essere». La stessa scena si ripeterà alcuni giorno dopo.
In questo contesto di ricatti e favori, c'è spazio anche per leintimidazioni subite dal giornalista. Vendute all'opinione pubblica come minacce di Cosa nostra. Tuttavia, scoprono gli investigatori, non sarebbero stati i boss a impiccare i cani di Maniaci. Bensì il marito geloso dell'amante. E di questo il direttore di Telejato era ben consapevole, come emerge dagli sms inviati alla donna. «Amo kancella tutto e ci sentiamo domani e mi rakkonti tutto nòn parlare dei kani assolutamente e io ti ho solo aiutato kosi lo inkuliamo a domani Ok?».
Nel messaggio sottolineava che al più presto si sarebbe vendicato contro l'uomo pazzo di gelosia. Amante, tra le altre cose, piazzata dallo stesso Maniaci in un ufficio del Comune di Partinico. Assunzione, dicono gli inquirenti, frutto delle pressioni sull'amministrazione pubblica.
Nei giorni in cui su numerose testate compare la notizia delle minacce al direttore di Telejato, tutta Italia si mobilita. Solidarietà e appelli alla resistenza antimafia. Maniaci, così come accertato dalle indagini e dalle registrazioni, riceve la telefonata del premier Matteo Renzi che gli esprimeva vicinanza e lo incitava ad andare avanti. Terminata la telefonata, Maniaci chiama la donna e si avventurano in un dialogo di grande spessore culturale: «Tutti in fibrillazione sono... mi ha telefonato anche quello s... di Renzi». E lei risponde: «Minchia, ti sei toccato?». «Mi tenevano il telefono e io con tutte e due le mani che mi toccavo quello che resta delle mie p...», è la risposta del capo di Telejato.
Se questo è il quadro, come delineato da magistrati e carabinieri, non c'è dubbio che le prime vittime non citate nelle carte siano tutti quei ragazzi che hanno creduto alla favola dell'emittente di frontiera. Studenti illusi e ora costretti a guardare in faccia la realtà. Di un'antimafia che spesso è palcoscenico per impostori.



Giovanni Tizian


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