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sabato 22 dicembre 2012

-LU MASTRURASCIA –


Lu "mastrurascia" era il falegname o mastro d'ascia dei vecchi tempi.
Egli nella sua "putia" (bottega), con pochissimi attrezzi manuali ma con moltissima perizia, trasformava la materia prima, come "tavole e tavoloni" (assi di legno) in prodotti finiti, come infissi, mobili, casse funebri, "pile" (lavatoi), marchingegni per filare la lana o il
cotone, pompe manuali per l'irrigazione dei campi e tutti quei lavori imprevisti dove la materia prima era sempre il legno, inoltre restaurava mobili ed infissi.
Trattandosi di un lavoro manuale, nella sua bottega, aveva bisogno di almeno un "picciottu" (apprendista) che lo aiutasse. L'apprendista, infatti, lo aiutava a tagliare con la "serra pi struncari", una sega più grossa di quella per "guarniri", le assi di legno ed eseguiva qualche altro lavoretto come pulire di sera la bottega; inoltre, doveva sciogliere la "colla forte" in un tegame di terracotta con acqua fatta bollire sulla "fornacella", usando come combustibile "tappareddi e muscagghi" (trucioli e pezzetti di legno).

Gli attrezzi utilizzati più comuni nella bottega di falegname erano: "serra pi guarniri, serra pi struncari, serrettina d'orgine, sirraculu, sirraculicchiu, sirraculu a cura di surci, ntrizzaturi = licciaiola (per "ntrizzari", rifare  l'allicciatura dei denti di una sega; cioè rifare la piegatura alternata dei denti rispetto al piano della lama), pialla, chianozzu, piallinu, chianozzu per scorniciare, chianozzu con il coltello dentato, chianozzu tunnu, spinalora, puntaloru, birrini, asta e punti di trapànu, scarpeddi di varia larghezza, cacciaviti, sgubbia, asciuni, signaturi, cumpassu, morsetti, strincenti, sergenti, tinagghia, sùvaru e carta vetrata, punta pi puliri, sguarra e sguarruneddu, marteddi, marteddu a pinna per impellicciare, mazzotta,  mola p'ammulari, petra ad ogghiu per affilari lu tagghiu, furnacella e pignateddu per preparare la colla forte, pinzedda, paletta pi stucchiari, raspa a cocciu grossu, raspa fina, lima, metru, puntiddu, piastrella e tutti gli accessori per vernice ad alcool, vancu con la morsa.   

Egli era chiamato anche "mastrurascia d'opiri fini" per distinguerlo dal carradore, che costruiva la parte in legno dei carri.

Dai miei ricordi lontani, velati dal tempo, ricordo che mio padre, falegname, andava a comprare le "tavole e tavoloni", "compensato" (multistrato) e "faesite" (pressato) dal grossista Lucentini, la cui attività ancora esiste a Castelvetrano, gestita dagli eredi. In questa prima fase era coadiuvato da me, allora ragazzo, perché col carrettino a due ruote spinto a mano, dovevo portare il tutto alla bottega.

Mio padre, con la sua esperienza,.anche se aveva frequentato soltanto la quarta elementare, riusciva a fare i calcoli matematici alla perfezione, riuscendo a cubare quanto legno occorreva per ogni lavoro.

VITO MARINO   

 

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