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sabato 14 dicembre 2013

Messina Denaro, ore contate? Ecco i retroscena dell’operazione “Eden”

La latitanza di Matteo Messina Denaro, il capo di Cosa nostra, va avanti dal 1993. Tra i motivi di una latitanza così lunga ci sono delle evidenti coperture (come è avvenuto per Riina e Provenzano, e come è nella storia della mafia siciliana) e un’incapacità delle forze dell’ordine a lavorare in maniera unidirezionale. Tutti cercano Messina Denaro: i carabinieri, la Catturandi, le Questure, il capitano Ultimo, i servizi segreti, quelli che aspirano alla taglia sulla sua testa. Quand’è così, in pratica è come se non lo cercasse nessuno, troppo movimento. E poi troppe gelosie, nessuna comunicazione interforze, nessuna cabina di regia. Ognuno per la sua strada.
Oggi è cambiato qualcosa. Ed è per questo che possiamo dire che la latitanza di Matteo Messina Denaro è nella sua fase finale. Per la prima volta, infatti, è stata condotta
un’operazione che, con la regia del magistrato Teresa Principato, della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, ha visto coinvolti sul territorio finanzieri, poliziotti, e carabinieri, che hanno preso d’assalto Castelvetrano, la patria del boss, alle tre di notte. Un blitz d’altri tempi. In cuor loro credevano di trovare pure Matteo, nel cuore della notte, svegliarlo in qualche nascondiglio segreto a casa della sorella Patrizia, ad esempio. Non ci sono riusciti. Ma ci sono andati molto vicini. E certo è che l’operazione di oggi “Eden”, segna un colpo mortale al boss, perchè colpisce la cerchia più intima, i suoi familiari, i primi amici fidati. E colpisce quel suo nipote, il giovane Guttadauro, quello che va a braccetto con l’ex giocatore del Palermo Fabrizio Miccoli, che era pronto a ricevere il comando di Cosa nostra, a mettere insieme la tradizione criminale del Belice con la caratura delle famiglie di Palermo.
Dalle indagini, dalle 800 pagine dell’ordinanza della custodia cautelare che riguarda 30 persone, viene fuori l’immagine di una cosca molto radicata in Sicilia Occidentale, che ha il controllo totale del ramo dell’edilizia, e che non riesce più a mantenere il capo latitante, bisognoso di soldi che non arrivano più come prima, dato che il continuo sequestro dei beni sta minando alla base parte dell’impero economico di Cosa nostra.
Messina Denaro è in Sicilia Occidentale, nel Belice. Ne ha bisogno, per mantenere le fila della malmessa organizzazione. Per Teresa Principato ”viaggia, ma non credo si allontani molto dalla Sicilia. Penso che per la frequenza dei contatti che ha con i familiari e con le persone a lui più vicine la sua presenza non sia episodica”. E’ quasi diabolica, Principato, aggiunge un particolare che farà letteralmente congelare il sangue a molti: “Ci sono persone che volutamente non abbiamo catturato. I solidali di Matteo Messina Denaro non sono solo questi e la nostra opera non è finita qui, perché ci sono persone con cui dobbiamo ancora fare i conti e vogliamo fare i conti”.
L’arresto più eccellente è quello di Patrizia Messina Denaro, la sorella del superlatitante trapanese Matteo. Donna passionale, molto spesso istintiva, dal carattere non facile. ”Una donna di mafia forte, che da sola è in grado di commettere estorsioni con durezza e spregiudicatezza, facendosi forte del suo nome” dice la Principato. La signora Patrizia è intercettata in una delle scene più singolari di Cosa nostra. Durante un corteo funebre, avvicina la vedova, una conoscenza di famiglia, e chiede il pizzo sull’eredità del defunto.
L’operazione di polizia, terminata all’alba di oggi, ha avuto una preparazione lunghissima, quasi un anno. Ecco l’elenco delle persone raggiunte dal provvedimento di custodia cautelare, con accanto la città o il paese dove è avvenuto l’arresto. Antonella Agosta (Germania), Matteo Agosta (Palermo), Francesca Maria Barresi (Castelvetrano), Girolamo Cangialosi (Carini), Lea Cataldo (Campobello di Mazara), Lorenzo Cimarosa (Castelvetrano), Aldo Tonino Di Stefano (Campobello di Mazara), Francesco Fabiano (Paceco), Floriana Filardo (Salemi), Giovanni Filardo (Castelvetrano), Valentina Filardo (Salemi), Francesco Guttadauro (Palermo), Girolama La Cascia (Castelvetrano, è accusata di favoreggiamento per non avere denunciato una presunta estorsione subita), Aldo Roberto Licata (Palermo), Antonino Lo Sciuto (Castelvetrano), Francesco Luppino (Campobello di Mazara), Giuseppe Marino (Palermo), Michele Mazzara (Paceco), Mario Messina Denaro (Castelvetrano), Patrizia Messina Denaro (Castelvetrano), Antonella Montagnini (Milano), Vincenzo Peruzza (Castelvetrano), Giuseppe Pilato (Erice), Rosario Pinto (Palermo), Nicolò Polizzi (Campobello di Mazara), Pietro Luca Polizzi (Castelvetrano), Francesco Spezia (Erice), Salvatore Torcivia (Palermo), Vincenzo Torino (Napoli), Giovanni Faraone (Palermo).
E c’è anche la politica, come sempre, negli affari di mafia. Il nome dell’ arrestato è eccellente: Aldo Licata, membro di una delle famiglie più potenti di Campobello, e più ricche. Ha da poco fondato un movimento con sua sorella Doriana (che è stata consigliere e poi assessore provinciale), “Onda nuova”, per il rinnovamento della politica. Licata è nipote (non proprio, sono nipoti della figlia, ma loro lo chiamano ugualmente “zio”) di Carmelo Patti, Mister Valtur, l’uomo al centro della più grande richiesta di confisca di beni mai fatta in Italia: cinque miliardi di euro. Doriana Licata, fedelissima di Gianfranco Miccichè, ha tentato il grande salto alle Regionali e alle Elezioni Politiche, ma non è stata eletta. Ultimamente era stata nominata coordinatrice provinciale dei “Democratici riformisti”, la gamba moderata del Partito Democratico in Sicilia. Suo fratello Aldo si sarebbe adoperato per comprare dei voti per lei da un mafioso locale, un tale Polizzi.
Sono stati sequestrati anche beni per cinque milioni di euro., riconducibili al latitante ed intestati a prestanome, costituiti da imprese operanti nel settore dell’edilizia. Ecco le aziende coinvolte nell’operazione: la Mg Costruzioni controllata da Lorenzo Cimarosa e Giovanni Lo Sciuto, e la BF Giovanni Filardo. Filardo, cugino di Messina Denaro, è uno dei nomi “noti” dell’operazione. Oggi torna in cercare dopo esserci finito una prima volta nel 2010, nei giorni dell’operazione Golem II, e soprattutto dopo essere stato assolto a novembre scorso. A garantire gli affari all holding di Messina Denaro sarebbe stata una rete di insospettabili. Tali sono, senza dubbio, gli ingegnereri Giuseppe Marino e Salvatore Torcivia che lavorano al Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria che ha sede a Palermo. Per loro l’accusa è di avere favorito una ditta legata alla mafia, la Spe.Fra, nei lavori di manutenzione all’interno del carcere Ucciardone.
Patrizia Messina Denaro, invece, gestiva i guadagni e a stabilire la suddivisione del denaro. Una parte sarebbe finita anche al nipote Francesco Guttadauro, figlio di Filippo e Rosalia Messina Denaro, altra sorella del latitante. Patrizia avrebbe fatto da trait d’union fra il latitante e i mafiosi trapanesi finiti in carcere. A cominciare dal marito, Vincenzo Panicola. E sono loro i protagonisti di una stagione di fibrillazioni.
Si era sparsa la voce che Giuseppe Grigoli, il braccio economico di Matteo Messina Denaro, l’uomo del business della grande distribuzione targata Cosa nostra, avesse iniziato a parlare con i magistrati. E Panicola aveva incaricato la moglie di sondare il terreno, di capire quale contromisura prendere. In ballo, forse, c’era addirittura l’ipotesi estrema di eliminare Grigoli. Poi, arrivò il diktat di Matteo: “Non toccatelo, perché se parla può fare danno”.
Come arrivò l’ordine? Stavolta non ci sarebbero pizzini di mezzo. La comunicazione sarebbe stata diretta. A voce. Un incontro faccia a faccia o forse una telefonata. Una cosa, secondo gli investigatori, è certa: fratello e sorella sono entrati in contatto. Circostanza che emergerebbe dalle parole pronunciata dalla stessa donna che portò l’ambasciata di Messina Denaro in carcere al Panicola.
“Di’ a tuo marito – le avrebbe detto il fratello latitante – di mettersi nella stessa cella con lui”. Per controllare Grigoli, per tenerlo buono. Per evitare che facesse danno. Anche se Patrizia non era d’accordo. “Mica se lo può accudire in carcere”, avrebbe risposto al latitante energica com’era. Il pericolo Grigoli alla fine rientrò.
Arrestata anche la vigilessa Antonella Montagnini, in servizio al Comune di Paderno Dugnano, provincia di Milano: di tanto in tanto, un mafioso di Campobello di Mazara, Nicolò Polizzi, suo ex cognato, le chiedeva di controllare qualche targa sospetta. Polizzi aveva l’incubo di essere pedinato dalla polizia.
Il nipote Francesco Guttadauro, classe 1984, è considerato il “portavoce ufficiale” di Messina Denaro. I Ros lo hanno visto muoversi con grande disinvoltura fra una rete ristretta di 17 persone fidatissime, tutte oggi arrestate: nel tempo libero, il rampollo di mafia se ne andava a passeggio con l’ex capit1ano del Palermo Fabrizio Miccoli.



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