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giovedì 4 aprile 2013

- LU GHIACCIARU -


- LU GHIACCIARU -
 Nel dopoguerra, in mancanza dei frigoriferi e refrigeratori, il ghiaccio, posto nelle ghiacciaie, era l’unica fonte che poteva rinfrescare le bevande o conservare i cibi.
Ricordo che tutti i giorni, nelle ore calde del tardo mattino estivo, passava Don Angelo, un ambulante grasso e sempre sudato; egli spingeva a mano un carrettino su cui era collocata una ghiacciaia.
“Ghiaaacciooo” con la sua voce da tenore lirico egli così annunciava il suo passaggio.
A Castelvetrano la fabbrica del ghiaccio era di proprietà di Francesco Balano e si trovava nella circonvallazione di Via Diaz; il grossista Titone comprava dalla fabbrica e lo vendeva alle botteghe, ai bar e al venditore ambulante. Don Angelo con un uncino avvicinava la lastra di ghiaccio, contenuta nella ghiacciaia, e la spezzettava secondo la richiesta del cliente con la punta di una vecchia lima.
In quel periodo le persone benestanti tenevano in casa la ghiacciaia, che rifornivano   giornalmente di ghiaccio per tenere al fresco frutta e bibite.
La ghiacciaia aveva una struttura in legno dalle dimensioni di un piccolo frigorifero. La doppia parete in compensato (multistrato) era riempita con “muscagghi” (trucioli di legno), che facevano da isolante termico. L’interno era rivestito, per proteggerlo e per impermeabilizzarlo, con lastre di zinco Era diviso in scomparti, con un ripiano riservato al ghiaccio da porre giornalmente. 
In alternativa, i meno abbienti ottenevano l’acqua fresca con “lu bummuliddu di Sciacca” di terracotta, che aveva la proprietà di rinfrescare l’acqua contenuta; si trattava di una terracotta porosa che lasciava traspirare delle goccioline d’acqua, che, evaporando, specialmente col vento caldo, assorbivano il calore dell’acqua, che diventava fresca. L’acqua fresca naturale si poteva trovare nel pozzo o nelle cisterne, allora ancora in funzione in moltissime abitazioni. Molte persone “calavanu” il melone, messo dentro un sacco, nel pozzo e lo tiravano fuori, già fresco, al momento di consumarlo.
VITO MARINO
 
 

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