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lunedì 6 maggio 2013

Vito Marino - Lu custureri


CUSTURERI = Era il sarto (dal francese couturier). I vestiti e i cappotti “lesti e boni” (confezionati) sono esistiti da sempre ma, siccome costavano molto, mentre la mono d’opera del sarto era bassa, la gente, per risparmiare, preferiva comprare la stoffa e farseli cucire “fatti apposta” (su misura). Inoltre, un vestito o un cappotto già usato, ma di buona qualità, allora non si buttava, ma si
faceva rivoltare con poca spesa ottenendo un vestito quasi nuovo. Infine, i vestiti danneggiati da strappi o da qualche buco nei pantaloni, erano regolarmente riparati e rattoppati. Per riparare vestiti buoni ma con qualche strappo accidentale, c’erano le suore che riuscivano a rimettere a posto “trama e ordito” e non lasciavano traccia del danno verificatosi.

I contadini ed i braccianti, per la qualità del loro lavoro si facevano confezionare vestiti con stoffa di albagio (un panno robusto e rozzo) oppure di “tila d’Africa” o “coloniali” fatta di cotone spesso.

Durante la guerra mancava la stoffa, mentre i sarti soffrivano la fame per mancanza di lavoro. Molte persone, aguzzando l’ingegno si facevano confezionare il cappotto con delle coperte militari di lana, preventivamente colorante anche con colori casalinghi.  Quando si riusciva a trovare qualche paracadute, che allora erano fatti di seta, era assicurato un vestito per il matrimonio della sposa.

La casalinga per risparmiare faceva una certa concorrenza al sarto. Rattoppava calze, pantaloni e vestiti, ma sapeva anche tagliare e cucire “causi di tila” (pantaloni di tela = mutande) per uomo e per donna. Si chiamavano così perché avevano la forma di pantaloni corti. In mancanza di elastici metteva dei nastri o cordoncini da legare a “scocca”.   

Due proverbi siciliani in merito dicevano:

-          Megghiu ‘na tinta pezza chi un bonu pirtusu-

-          Sarva la pezza pi quannu arriva lu pirtusu.

VITO MARINO

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