La redazione di Partannalive ha incontrato il maestro alcamese Damiano Arcilesi, artefice e scultore del monumento dell’emigrante, che ci ha gentilmente concesso un’intervista, rispondendo ad alcune nostre domande.
Damiano Arcilesi scultore |
Maestro, da dove è scaturita l’idea di rappresentare un uomo con la valigia?In seguito alla richiesta del presidente Tony Mulè e del vicepresidente Giuseppe Cesare, rappresentanti della “Società Concordia Partanna di New York”, di realizzare una statua ricordo, da donare al loro paese natio, Partanna, ho subito pensato all’emigrante con la valigia di cartone, proprio perché la valigia è il simbolo dell’uomo che parte, dell’uomo che emigra in cerca di fortuna. In quella valigia c’è tutto, ci sono i ricordi, gli affetti personali, la canottiera, la maglia, il pigiama, le calze rattoppate, il vestito nuovo da indossare all’arrivo, ma soprattutto quella valigia racchiude la speranza di un futuro migliore.
A chi si è ispirato nella realizzazione della statua?Mentre lavoravo, centimetro per centimetro di quel blocco di marmo dalle dimensioni di metri 2,05 x 1 x 1, pensavo alle diverse caratteristiche che avrei potuto donare a quell’uomo, le immaginavo, le realizzavo più grandi, e solo quando erano delle dimensioni per me accettabili incominciavo ad aggiungere i dettagli, a fare le piegoline ai baffi, le sopracciglia, a dare la sfumatura ai capelli, ad accorciare le basette, ad arrotondare l’orecchio, a dare una forma al naso.
Quell’uomo, quel viso non è un viso copiato da una persona in particolare, è un uomo qualunque, un’immagine astratta, potrebbe assomigliare a tante persone: è l’ Emigrante.
Quell’uomo, quel viso non è un viso copiato da una persona in particolare, è un uomo qualunque, un’immagine astratta, potrebbe assomigliare a tante persone: è l’ Emigrante.
Come mai ha scelto di rappresentare un uomo ben vestito?Questa scelta non è stata una scelta casuale, allora chi emigrava non poteva sapere con certezza se fosse stato ammesso in America, o piuttosto rispedito indietro, pertanto indossare un vestito nuovo poteva fare la differenza.
Che emozione ha provato durante l’inaugurazione della statua?Ho pianto, ho pianto tanto e tuttora mi emoziono. Gli emigranti ci sono sempre stati e continueranno ad esserci, chi ha la possibilità di aiutare queste persone lo deve fare con il cuore e non per interessi. Ho dedicato questa statua a tutti gli emigranti di qualsiasi nazionalità e di qualsiasi colore della pelle, la statua ha anche per me un significato affettivo, anche nella mia famiglia abbiamo vissuto il triste fenomeno dell’emigrazione, mio fratello, che purtroppo adesso non c’è più, è emigrato in America 45 anni fa e da allora non è più tornato. La statua è stata realizzata con tanta passione e amore, assume inoltre un significato molto particolare proprio per la posizione in cui è collocata, piazza Umberto I, la piazza dei ricordi d’infanzia per quel gruppo di partannesi d’America che hanno fortemente espresso il desiderio di lasciare un ricordo al loro paese natio.
Maestro, un’ultima domanda, quali altri opere ha realizzato?A Calatafimi ho realizzato una scultura alta sei metri, “L’albero della pace” che indica il gemellaggio tra Calatafimi e Segesta; a Castelvetrano, nel Giardino delle Esperidi, la scultura “Quattro stagioni”; poi ancora “La caduta di Icaro”; “Il Monumento al Vento”; a San Vito lo Capo “gli Steli di Codra”; ad Alcamo “Il Medaglione di Maria Santissima dei miracoli”; a Lugano “L’attesa” e tante altre ancora.
Francesca Forte
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