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domenica 5 giugno 2016

Corleone, processione fa 'inchino' davanti a casa Riina

Totò Riina ha tuttora una "elevatissima pericolosità sociale" e la "capacità" di "mantenere i contatti con la cosca mafiosa di appartenenza", quella dei sanguinari stragisti 'corleonesi'. Lo ha sottolineato la Cassazione, nella sentenza 19811 depositata il dodici maggio, confermando il carcere duro per l'ex capo di Cosa
Nostra proprio in ragione dei rapporti mai recisi e tuttora in corso con il suo clan che a Corleone ha la 'roccaforte' e continua a tributargli 'rispetto', come testimonia l'episodio dell'inchino della processione di San Giovanni Evangelista avvenuto la scorsa domenica davanti alla casa del boss, in Via Scorsone 24, mentre sua moglie Ninetta Bagarella era affacciata al balcone. Per queste ragioni la Suprema Corte ha respinto il reclamo di Riina contro l'ordinanza del tribunale di sorveglianza di Roma, che il 18 aprile 2014 aveva convalidato il decreto del carcere duro emesso dal Guardasigilli il 26 novembre 2013. Il decreto prorogava l'applicazione del 41 bis. Per i supremi giudici il provvedimento "dà conto, esponendo una copiosa serie di precisi riferimenti ai dati desumibili da tutti gli atti disponibili, della specifica valutazione circa la elevatissima pericolosità sociale del Riina e, con un ragionamento adeguato, perviene, in considerazione della mancanza di elementi significativi atti a denotare il venir meno della capacita' del detenuto di mantenere i contatti con la cosca mafiosa di appartenenza, alla conclusione del carattere attuale di tale capacità e quindi della permanenza dei presupposti per l'applicazione" del 'carcere duro'. Cosi' il ricorso di Riina è stato dichiarato "inammissibile" con condanna a pagare mille euro alla Cassa delle Ammende.
Ninetta Bagarella, moglie di Riina
L'ultima processione che ha attraversato le strade di Corleone si è fermata per un "inchino" davanti alla casa dove abita Ninetta Bagarella, la moglie del capo di Cosa Nostra Totò Riina. L'episodio, che risale a domenica scorsa, viene ricostruito dal quotidiano La Repubblica. Il commissario di polizia e il maresciallo dei carabinieri, che erano presenti, hanno subito lasciato la processione inviando una relazione alla procura distrettuale antimafia. Dai primi accertamenti è emerso che uno dei membri della confraternita di San Giovanni Evangelista, Leoluca Grizzafi, è cugino di secondo grado della Bagarella. Il parroco di Santa Maria, padre Domenico Mancuso, si è detto amareggiato: "Ho ribadito alle forze dell'ordine che non è mia usanza sostare davanti ai potenti o pseudo potenti quella non era una sosta prestabilita, è accaduto. Mi rendo conto che ci voleva più prudenza".
Duro il commento del vescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi: "Su episodi come questi non transigo. Ho già nominato una commissione d'inchiesta, sono in attesa di una relazione.
    Intanto, ho proposto al questore di Palermo di stilare un protocollo d'intesa, per prevenire altri episodi: propongo che d'ora in poi anche le soste delle processioni siano concordate con le forze dell'ordine, per evitare spiacevoli sorprese". Nei mesi scorsi, monsignor Pennisi aveva anche imposto alla confraternite di inserire nello statuto una clausola: "Nessun pregiudicato per mafia può far parte delle nostre associazioni".
    Ma Leoluca Grizzaffi è incensurato.



ANSA

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