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CUSTURERI = Per i vecchi tempi era il sarto (dal francese couturier). I vestiti
e i cappotti “lesti e boni” (confezionati) sono esistiti da sempre ma, poiché costavano
molto, mentre la mono d’opera del sarto costava poco, la gente, per
risparmiare, fino agli anni ’50 circa, preferiva comprare la stoffa e farseli cucire
“fatti apposta” (su misura). Inoltre, un vestito o un cappotto già usato, ma di
buona qualità, allora non si buttava, ma si faceva rivoltare con poca spesa
ottenendo un vestito quasi nuovo. Infine, i vestiti danneggiati da strappi o da
qualche buco nei pantaloni, erano regolarmente riparati e rattoppati. Per
riparare vestiti buoni ma con qualche strappo accidentale, c’erano le suore che
riuscivano a rimettere a posto “trama e ordito” e non lasciavano traccia del
danno verificatosi.
I
contadini ed i braccianti, per la qualità del loro lavoro si facevano
confezionare vestiti con stoffa di albagio (un panno robusto e rozzo) oppure di
“tila d’Africa” o “coloniali” fatta di cotone spesso.
Durante
la guerra mancava la stoffa e i sarti soffrivano la fame per mancanza di
lavoro. Molte persone, aguzzando l’ingegno si facevano confezionare il cappotto
con delle coperte militari di lana, preventivamente colorante anche con colori fatti
in casa. Quando si riusciva a trovare
qualche paracadute, che allora erano fatti di seta, era assicurato un vestito
per il matrimonio della sposa.
La
casalinga per risparmiare faceva una certa concorrenza al sarto. Rattoppava
calze, pantaloni e vestiti, ma sapeva anche tagliare e cucire “causi di tila”
(pantaloni di tela = mutande) per uomo e per donna. Si chiamavano così perché
avevano la forma di pantaloni corti. In mancanza di elastici si usava “la
curdedda” (dei nastri o cordoncini) da legare a “scocca”.
Due
proverbi siciliani in merito dicevano:
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Megghiu ‘na tinta
pezza chi un bonu pirtusu.
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Sarva la pezza pi quannu
arriva lu pirtusu
Ricordo
che il sarto restituiva al cliente tutti gli avanzi di stoffa per un eventuale
rattoppo.
VITO
MARINO
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