La Corte europea dei diritti umani ha rigettato il ricorso presentato da Salvatore Riina in cui il capo mafia dichiarava i suoi diritti violati a causa delle condizioni di detenzione a cui è sottoposto. L’ex numero uno di Cosa Nostra, arrestato nel 1993, è dal dicembre 2003 in regime di 41 bis, il cosidetto carcere duro, e deve scontare una dozzina di ergastoli. Il «capo dei capi», 84 anni, soffre da tempo di disturbi cardiaci: è stato ricoverato l’ultima volta in ospedale a Milano il 4 marzo, quando i medici del carcere temevano che avesse un infarto. Invece si era trattato solo di un’indigestione.
La valutazione del Tribunale di sorveglianza
La decisione di Strasburgo è solo l’ennesima conferma dei giudici che lo stato di salute di Riin è compatibile con il regime carcerario. La Cassazione un anno fa aveva negato il differimento della pena con ricovero in ospedale, ritenendo che il fosse inaccettabile il ricorso presentato dal legale del boss. Secondo la Suprema Corte, il Tribunale di sorveglianza aveva accertato, con un’ordinanza del 2011, che il padrino, anche dopo l’applicazione del peacemaker, potesse restare in carcere. Secondo i giudici, le condizioni di salute di Riina erano adeguatamente monitorate anche in carcere, «con ricorso, in caso di necessità, alla struttura ospedaliera».
Corriere
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