Un ragazzino escluso dalla gita perché autistico. Un’altra alunna esclusa dalla gita fuori città perché nessuno la vuole in camera. E tantissimi altri non giunti alla cronaca sono coloro che rimangono a piedi ogni giorno perché il pullman non ha la pedana, o perché il cambio igienico non si
può eseguire durante la gita per i motivi più vari. E’ facile dire Io sono Giulio, Marco, Diletta, Matteo , ecc. La questione a mio avviso è più profonda e non nasce certamente dallagita. La gita è la parte finale. La coda del serpente. Proviamo ad avere il coraggio di essere inclusivi con tutti.
può eseguire durante la gita per i motivi più vari. E’ facile dire Io sono Giulio, Marco, Diletta, Matteo , ecc. La questione a mio avviso è più profonda e non nasce certamente dallagita. La gita è la parte finale. La coda del serpente. Proviamo ad avere il coraggio di essere inclusivi con tutti.
Siamo davvero sicuri che condurre un alunno con disabilità grave in gita sia sempre una meravigliosa opportunità? Lo è per lui o per la famiglia?
Davvero le disabilità sono tutte uguali? E davvero questo riguarda solo gli alunni con disabilità? E chi ha valutato oggettivamente la volontà dei diretti interessati ? E chi ha realmente appurato la relazione affettiva esistente all’interno del gruppo classe. E’ facile , troppo facile, puntare il dito contro la scuola, gli insegnanti, i genitori, gli alunni. Questo assunto scagiona a prescindere qualsiasi atto perfettibile a carico dell’alunno disabile e famiglia: tutti possono avere una responsabilità ma non il disabile e la famiglia. Questa me la chiamate inclusione ? Io la chiamo discriminazione pericolosa . Se tutti siamo persone tutti possiamo compiere errori.
La volontà. Io da bambina odiavo le recite. Mi sembravano brutte, ripetitive , inutili e non amavo mettermi in mostra. Non ero diversamente abile secondo criteri socialmente riconosciuti . Tanto è che ho subito tante di quelleangherie…. Per nulla. Consapevole che non esprimerò affatto qualcosa di condiviso , mi chiedo chi abbia verificato la volontà di questi alunni a voler essere presenti alle varie uscite. Ogni giorno incontro tanti alunni con gravi disabilità che devono essere trattenuti in classe per legge. A me pare una tortura. A me sembra una grandissima totale mancanza di rispetto per l’esigenza di quella persona schiacciata da norme e aspettative che non la considerano.
Il gruppo classe. E anche qui mi chiedo se questo gruppo esista dalla gita in poi o esista quotidianamente. Sarebbe bello sapere come e quanto e cosa condividono al di fuori della scuola questi alunni (tutti). Sarebbe opportuno approfondire. In molti forse non saremmo felicissimi di condividere camera e bagno con perfetti sconosciuti. La gita si stabilisce con largo anticipo. Chi si è mosso per percorrere insieme la strada della conoscenza ? O tanto ildisabile è solo qualcosa da discutere al glh (gruppo lavoro handicap)? Ogni alunno è una persona che andrebbe ascoltata sempre. Siamo così tutti matematicamente certi che sottoporre un alunno che necessita magari di routine consolidate, o che soffre in situazioni di confusione o stress , o che vive il disagio della solitudine quotidianamente, ritenga che la gita sia una opportunità?
Provo troppo rispetto per la persona per arrogarmi il diritto di rispondere sì. E trovo ridicolo dire che io sono Giulio, Tizio o Caio. Perché è una grande bugia. Non so nulla di loro come di altri milioni di persone. Ma esiste la differenza. Non scrivo “ Io sono la signora Rossi che non arriva a fine mese dopo una vita di sacrificio”. Questo non lo scrive nessuno. Perché la signora Rossi non è diversa. Non fa paura. Non è pericolosa. Basta quindi la comunicazione banalmente politichese per essere belli, buoni, bravi e solidali.
Per i tantissimi Giulio non è così. Per questo tutti condividiamo , facciamo cartelli e promo. Tra questi grandi esempi disolidarietà ci sono tanti genitori di figli non disabili che però non sanno nulla del compagno di classe del loro figlio che non va alle feste e alle gite. Ma quel compagno è vicino. Per lui si può agire. Agire. Invece lo si ignora quasi puntualmente. Lo stato ci mette del suo. Paga i pulmini attrezzati per condurre a scuola i diversi , ma non considera ausilio in convenzione la pedana per modificare le auto che consentano ai genitori di portare i figli a scuola. Obbligano la presenza ai glh ma non favoriscono la partecipazione totale alle riunioni di classe.
Concedono ogni deroga possibile pur di alleggerire non si sa bene cosa ma non includono i genitori tra i genitori. Esclusi addirittura i fratelli e le sorelle che al massimo in troppi casi, rimediano qualche atto di bullismo. Figli di quei genitori che con le bocche spalancate dai tanti “ Io sono pinco pallino “ si rivelano pronti a proteggere il pargolo figlio di una dicitura sul social , meno di due esseri umani che insegnano. E’ un tema che mi fa arrabbiare. I nostri figli disabili spesso vanno a scuola senza mai vedere un libro. Ma sono li 6/8 ore perché la legge lo impone.
Ripetono gli anni perché dopo la scuola smettono di esistere, perché la legge non contempla altro oltre il centro diurno ( spesso parcheggio ). E così dopo 20 anni di scuola la guerra all’ultimo decreto continua ad imporli in contesti che di fatto li hanno solo tollerati con il grande gravoso danno di non aver perseguito davvero il recupero del potenziale.
Nel mio caso , mia figlia ha fatto due campi scuola per i quali io ho chiesto la sua assistente scolastica e operatrice domiciliare. Perché mia figlia ha necessità specifiche e intime . Ritengo che meriti rispetto della sua privacy e della sua intimità. E credo anche ci sia il tema sicurezza. Cosa dovrebbe fare l’alunno che da solo di notte si trovasse dinanzi una vera emergenza peraltro prevedibile su molti alunni con disabilità? E io, madre che dinanzi a tutto questo sento la gola che stringe mentre tocco per l’ennesima volta l’impotenza con la quale scorre la vita di mia figlia, metto via me stessa. Riconosco la mia piccolezza e preferisco capire da lei cosa va bene a lei.
Così dopo tante gite, Diletta da due anni ha smesso di andare. E se lei sapesse che la sua classe rimane a scuola perché lei non può andare in gita , ne morirebbe di dolore. Perché l’amicizia se è vera è altruista. E loro ci sono, proprio perché non sono obbligati bensì liberi di scegliersi normalmente. Ognuno a seconda di ciò che il suo essere prevede. Se Diletta ha un bisogno qualsiasi non esiste problema . Si parlano, si raccontano, interagiscano 4 ore al giorno. Diletta di più si stanca. La relazione è a due direzioni e non è stato per nulla semplice. Per nessuno. Non esistono giusto e sbagliato. Esistono le persone. E finché una norma o un promo vorranno chiudere tutti nello stesso cerchio, mettiamo in soffitta la parolainclusione. L’inclusione è cosa altra a mio modesto avviso. Fa male, fa tanto male. A noi. Ma noi non siamo i nostri figli, anche se disabili ognuno di loro ha diritto di esistere aldilà della norma e del contesto.
Fabiana Gianni
IL FATTO QUOTIDIANO
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