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domenica 15 maggio 2016

Mafia e appalti. Spunta l'ombra di Messina Denaro sui lavori di restauro a Pompei

C'è l’ombra di Cosa nostra nell’indagine della procura di Torre Annunziata sul “Progetto Grande Pompei”. Nel mirino ci sono i lavori svolti in passato, fino a metà 2014, nel sito archeologico. Salle carte acquisite in questi anni sugli appalti destinati al rilancio di uno dei siti archeologici più famosi del mondo emergono nomi sospetti in un intreccio complicato di società, consorzi, cessioni di rami d’azienda.  l lavoro degli investigatori è soprattutto con le carte e le banche dati. Il sospetto è che a vincere le gare siano
sempre gli stessi. Ma non è il solo. Uno dei protagonisti degli accertamenti in corso è il “Research Consorzio Stabile di Napoli”, società consortile di imprese. Il Research partecipa a una dozzina di gare d’appalto, molte poi eseguite da società consorziate come Samoa Restauri srl e Kairos srl. Le stesse Samoa e Kairos, ma anche la Forte costruzioni srl, si aggiudicano lavori di prim’ordine per Pompei. Gli investigatori si trovano di fronte alla Mediterranea Spa, società guidata da Giovanni Savalle, poi fallita con un buco di 42 milioni. Giovanni Savalle è un imprenditore di Castelvetrano, residente a Mazara del Vallo,  e secondo  il Sole 24 Ore, che rimanda ad atti di svariate inchieste e polizie giudiziarie – dal Ros alla Guardia di Finanza, dalla Polizia di Stato alla Dia - è legato al suo concittadino e boss di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro. Restano così assodati due fatti: Savalle e la sua Mediterraneo nel 2014 stanno nel consorzio Research (oggi non più) che lavora a Pompei; a riprova dei legami c’è proprio la perizia svolta dall’imprenditore di Castelvetrano per la fondatrice del Research. Altra società legata all’imprenditore di Castelvetrano, la Atlas cementi srl è anch’essa riconducibile a Messina Denaro è stata confiscata dall’autorità giudiziaria di Agrigento nel 2012.
Il 12 aprile scorso il generale di divisione dell’Arma Luigi Curatoli, direttore generale del Gpp (Grande progetto Pompei), scrive all’Anticorruzione, alla prefettura di Napoli, al prefetto Gabriella Tramonti (coordinatore del gruppo per la legalità e la sicurezza del Gpp) e, per conoscenza, al Garante della concorrenza. La nota del generale dell’Arma, cristallizza la scena, tutta da approfondire, delle società affidatarie degli appalti. La Forte Costruzione srl si aggiudica il restauro della Casa del marinaio, la messa in sicurezza del Regio VII, il consolidamento della Casa dalle pareti rosse, gli ultimi due lavori conclusi. Poi c’è la Samoa restauri srl, che partecipa al Regio VII e alla Casa della fontana piccola (conclusa). E la Kairos srl che sta eseguendo la recinzione perimetrale degli scavi. La lettera di Curatoli fa notare anche che il consorzio Research partecipa a 12 gare d’appalto vinte, poi, anche dalle singole ditte facenti parti del consorzio. L’ipotesi mafiosa legata agli appalti di Pompei resta legata agli sviluppi degli accertamenti in corso. Oltre alle conclusioni svolte due anni fa dal generale Nistri - che ricorda, tra l’altro, la nota della prefettura di Trapani dove si evidenziavano i collegamenti tra Mediterranea e «un noto personaggio mafioso», cioè Messina Denaro, ci sono gli atti di due settimane fa della prefettura di Napoli. Il 27 aprile gli uffici guidati dal prefetto Gerarda Pantalone trasmettono la nota del generale Curatoli alla divisione anticrimine dalla questura, al nucleo informativo del comando provinciale dell’Arma, al Gico (gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata) della Gdf e alla Dia.




FONTE: TP24.IT

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