L’intervento del cardinale Francesco Montenegro, non nuovo a interventi sulla legalità, marca una svolta netta e definitiva col passato
L’arcivescovo di Agrigento sta dalla parte del sindaco Angelo Cambiano, vittima d’un attentato per aver deciso di abbattere finalmente le case abusive: «Si continui con determinazione il cammino intrapreso per ripristinare a Licata il senso della giustizia». E allora, si chiederà qualcuno, dov’è la notizia?
L’intervento del cardinale Francesco Montenegro, non nuovo a interventi sulla
legalità, marca invece una svolta netta e definitiva col passato. Per
troppo tempo, infatti, una parte importante della Chiesa meridionale e
siciliana, ha avuto sull’abusivismo edilizio posizioni ambigue se non
conniventi. Basti ricordare come un prete agrigentino, don Vito
Guaragna, spiegò al nostro Felice Cavallaro che lui pure se ne
infischiava delle leggi: «Abbiamo 250 ragazzi da strappare alla
strada... Così ho ampliato la sacrestia, e m’è arrivata una denuncia». E
poi? «L’ho allungata un po’...» E poi? «Ho costruito l’oratorio». E
poi? «Il primo campetto di calcio». E poi? «Il secondo». E le denunce?
«Se i miei parrocchiani finiranno in cella, ci andrò pure io…». Per non
dire del predecessore di Montenegro, il vescovo Carmelo Ferrara che, in
occasione di un altro tentativo dello Stato di demolire almeno le più
immonde delle 607 costruzioni illegali tirate su nei confini del parco
archeologico, si schierò nel 2001 contro le «ruspe immorali» strillando
di «una campagna di mistificazione contro la città» e invitando alla
rivolta «contro lo Stato-padrone».
Per questo, insieme con l’arrivo a Licata di Angelino Alfano e di quei quaranta sindaci
(tra cui va segnalato Pasquale Amato di Palma di Montechiaro, con tutto
ciò che quel nome evoca) decisi a dare la loro solidarietà al collega
minacciato che in questi mesi ha detto d’essersi «sentito solo», va
plaudita la nitidezza inequivocabile della posizione del vescovo. La
legge è legge. A Cesare quel che è di Cesare.
Fonte: corriere della sera
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