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mercoledì 11 dicembre 2013

Storia di Ayoub, giovane profugo tunisino, premio “Pino Puglisi”

Quando si svegliò il sole era ancora al suo posto. Stava affiorando dal mare sulla sua destra. Si sentì sfiorato da un confortevole calore. Segno che era ancora vivo, pensò. Due delfini, a poche braccia dal barcone, gli diedero il benvenuto con un gioioso salto. In lontananza un lembo piatto di terra. Lacrime di felicità scesero sulle sue gote color d’ebano. Ayoub capì di essere finalmente arrivato illeso. Il gelo notturno, materializzatosi come lame affilate di un coltello, era ormai solo un lontano ricordo. Provvidenziale si era rivelato il giaccone donatogli all’ultimo momento dalla signora francese vicina di casa. Appena sbarcato, pensò, avrebbe preso un pullman. E via, alla ricerca del lavoro in Italia o in Francia, dove vive lo zio che gli aveva finanziato la traversata. Avrebbe finalmente cominciato ad aiutare la famiglia. Non sapeva Ayoub che Lampedusa è un’Isola. Ma per lui era l’inizio del Continente Europa. Sinonimo di “Futuro”. Così come non sapeva che il destino gli stava riservando l’inizio di una storia diversa da quella che si era immaginata. Dice il filosofo che c'è un tempo che scorre inesorabile e un istante che cambia la vita. Il kronos e il kairos, secondo i greci. Un momento in cui qualcosa accade e nulla sarà come prima. E quello era il momento per Ayoub Drine. Un diciassettenne di Zarzis, una moderna cittadina di 110 mila abitanti, con un porticciolo di pescatori sulla costa meridionale della Tunisia, arroccata tra gli sfarzi turistici di Djerba, l’isola omerica dei Lotofagi, sulle cui coste era approdato Ulisse, e i traffici oscuri del confine con la Libia. A questo punto un breve flash-back. Ritorniamo cioè al 18 dicembre del 2010, data in cui varie città del centro-sud della Tunisia vengono attraversate e invase da una lunga serie di manifestazioni di piazza. A dare la stura alla quasi insurrezione popolare è il raccapricciante suicidio del giovane ambulante Mohamed Bouazizi, datosi fuoco davanti alla sede del governatorato di Sidi Bouzid. Una protesta estrema contro il sequestro della propria merce da parte della polizia. Sarà la scintilla per una rivolta popolare che ben presto dilagherà in tutto il paese e che passerà alla storia come la "rivoluzione dei gelsomini". Di tutto questo il popolo tunisino non verrà informato né dai giornali nazionali né dalla TV statale. Le uniche fonti saranno Al Jazeera e il passaparola tramite Faceboock. Si moltiplicheranno le manifestazioni contro la disoccupazione, la corruzione della polizia, l’indifferenza e il cinismo delle dei governanti e le burocrazie tutte concentrate all’ arricchimento personale. Mentre cresce il livello dei prezzi dei beni di prima necessità quali il pane, la farina, lo zucchero, il latte, di pari passo cresce l’intensità della lotta. E a queste manifestazioni che partecipa Ayoub Drine. Saranno i giorni della sua precoce maturazione e del cambiamento della sua visione della vita. “Una mattina – racconta- “erano le nove, partecipavo ad una manifestazione indetta dai sindacati, chiedevamo a viva voce PANE e LAVORO. All’improvviso ho sentito degli spari. Era la polizia che mirava, alzo zero, ai corpi dei manifestanti. Ci furono due morti e cinque feriti. La rabbia della gente divenne furiosa. Ci furono diversi tentativi di assalti alla caserma di polizia. La situazione divenne incontrollabile. La caserma venne alla fine incendiata. La mia famiglia rimase in ansia tutto il giorno, non vedendomi arrivare. Noi giovani rimanemmo fuori a discutere fra noi e cominciammo a capire tante cose”. L’evoluzione della vicenda tunisina è nota a tutti. La punta più alta della rivolta si avrà il 14 gennaio 2011, giorno in cui tutto il paese insorge costringendo il presidente Ben Alì ad abbandonare precipitosamente la Tunisia. Il presidente succedutogli durerà solo un giorno. Nel paese regna l’anarchia. Nessuna via d’uscita all’orizzonte. E’ questo il clima in cui matura la decisione di Ayoub, che sarà destinata a segnargli una nuova vita. Minore di cinque figli, tre donne e due maschi, con un padre muratore semidisoccupato, aveva già abbandonato la scuola per fare l’apprendista elettricista. Un lavoro part-time, per contribuire al bilancio familiare. Il salario di 10 dinari (5 euro) a settimana è però irrisorio. Troppo poco anche per la Tunisia. Ma con lo scoppio della rivoluzione, non potrà contare nemmeno su questa misera somma. Ayoub capisce che è giunta l’ora di andare via. Occorre partire per raggiungere l’Europa, che per lui significa il FUTURO. In famiglia non vogliono, ma lui con caparbietà va in cerca della soluzione. Una pista suggerita da un amico lo porterà all’ “agenzia di viaggi”. Che è una tipica caffetteria araba. Il biglietto c’è, gli dicono. Ma ci vogliono duemilacinquecento dinari (1.200 euro). Una enormità per le sue povere tasche anche per il magro bilancio famigliare. Per fortuna, ci penserà ad anticiparla un cugino emigrato in Francia. E così, carico di sogni e di progetti, Ayoub lascia casa ed affetti familiari, mettendosi anche lui in marcia lungo le rotte seguite da altre migliaia di africani che, come lui, inseguono la speranza di una nuova vita, in una lontana terra dove scorrono latte e miele, dove la gente ha l'acqua in casa e dove i bambini sono liberi di giocare e dove non si muore per un po’ di febbre oppure per la fame e dove non si vive nella paura del saccheggio e della violenza, e dove, e dove...E sono in molti che non riescono neppure ad arrivare al mare che non hanno mai visto in vita loro. Nonostante abbiano pagato caro il prezzo del trasporto, ognuno deve contare sulla propria forza e sulla propria resistenza per giungere vivo sulle sponde del Mediterraneo. Ayoub, da questo punto di vista, è un “privilegiato. Lui il mare lo conosce e bene e sa che, come gli diceva il nonno, due sono le cose che occorre sempre trattare bene: il mare e il cammello. E lui il mare lo aveva sempre amato. Con questa consapevolezza salpa dalla splendida spiaggia della penisola di Akkara. A partire da Zarzis sono quasi tutti ragazzi fra i 17 e i 20 anni. Nella notte del 17 febbraio del 2011un furgone lo lascia sul bagnasciuga. Dove si troverà in compagnia di un centinaio di giovani come lui. Provengono quasi tutti dal deserto e il mare è la prima volta che lo vedono. Terrorizzati, cominciano a salire su una barchetta di resina di pochi metri. Fa la spola tra la spiaggia e un barcone ancorato al largo. “Siamo in ritardo, bisogna fare presto!”, urla il Caronte di turno del peschereccio. Sono circa 120 gli uomini da trasbordare ed è tardi. Per accelerare dà gli ordini di sovraccaricare la barchetta. L’ultimo viaggio non arriverà mai. “Si sentirono”, racconta Ayoub, “urla strazianti ”, segno che si era ribaltata, inghiottita dalle onde sempre più minacciose. Sul barcone, che cominciò ad avviarsi sbuffando, calò un silenzio tenebroso. Dopo un pezzo di pane e formaggio, tutti si distesero rannicchiati nei loro pensieri, affrontando l’incognita del viaggio nel tunnel della notte. “Tutte le persone che avevo conosciuto nella mia vita mi fecero compagnia in quella notte infinita”, confessa Ayoub. Dopo 23 ore il silenzio viene squarciato dal rombo di un aereo leggero che sorvola zona, poi l’arrivo della motovedetta grigia della Guardia di Finanza che li accompagnerà al porto di Lampedusa. Sarebbe potuto scomparire nel fiume carsico degli irregolari che popolano le nostre città, Ayoub. Senza documenti in possesso, fu inviato invece dopo qualche giorno a Salina Grande di Trapani, ospite di un CARA, per consentire l’identificazione e la definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato. E da qui inviato finalmente alla Comunità Alloggio “La Coccinella” di Salemi, gestita dalla Onlus C.O.R.F. e diretta con passione e competenza dalla dottoressa Dina Ardagna. Che da oltre un decennio vi opera con abnegazione, “regolarizzando” tantissimi casi cosiddetti multiproblematici, alcuni dei quali gravissimi e sempre in stretto collegamento con il centro di giustizia minorile. Oltre che della psicologa Elvira Loiacono, la struttura si avvale di personale qualificato quali: una assistente sociale, un medico specializzato in neuropsichiatria infantile, educatori, un mediatore culturale ed ausiliari. E’ ubicata in due ville di gradevole aspetto, situate entrambe sul pianoro di Monterose, la collina che sovrasta la città di Salemi, a poche centinaia di metri dalla piazza principale. Può ospitare fino a 18 minori. E’ diventata ormai un punto di riferimento certo per il Tribunale per i Minori, il Centro per la Giustizia Minorile ed ha sempre operato in stretta collaborazione con i Comuni di residenza e con la NPI ASP n. 9 di Mazara del Vallo. E’ qui che dal 23 febbraio 2011 vive Ayoub Drine. “Noi lo abbiamo accolto, ma è stato lui ad accogliere noi”, mi sottolinea Dina Ardagna, quasi commossa. E i fatti lo dimostrano. Mostrando sin da subito un grande di responsabilità e di maturità, si è affidato con cieca fiducia agli operatori che lo hanno accolto. Con determinazione, impegno e tenacia, in pochi mesi ha conseguito la licenza media. Oggi frequenta il terzo anno del Corso di Elettrotecnica presso l’IPSIA di Santa Ninfa con eccellenti risultati. Riuscendo, grazie alle sue doti umane e ad un innato carisma, ad essere un forte punto di riferimento e un positivo esempio anche per gli studenti italiani. Sono state queste le motivazioni che hanno spinto la dottoressa Amalia Settineri a segnalarlo alla Commissione presieduta da Don Antonio Garau per il Premio Internazionale “Pino Puglisi”. Nel corso della IX edizione tenutasi il 3 dicembre scorso al Teatro Garibaldi di Palermo, gli è stata consegnata la prestigiosa targa, assieme a tanti altre personalità di prestigio, come il vice capo della Polizia Alessandro Marangoni, il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Palermo, la storica collaboratrice del Nobel Montalcini, Giuseppina Tripodi, il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolinie e il cantante dei Tinturia Lello Analfino. Fra meno di un mese, il 5 gennaio, Ayoub festeggerà il suo terzo compleanno in Sicilia. Tre anni sono trascorsi da quella tremenda e gelida notte su quel traballante battello. Un’esperienza vissuta che lo ha segnato nel profondo, tanto che spesso la notte si sveglia di soprassalto. Ma quando ripensa a quei due delfini, che a passo di danza gli diedero il benvenuto in Italia, sa che da quel momento la sua vita è cambiata. E in meglio. Soprattutto perché è lui stesso a volerlo con grande determinazione.
Franco Lo Re

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