Alle 3,35 l’irruzione dei carabinieri in una casa in costruzione a Inveruno. Con l’ergastolano in fuga da lunedì c’era l’ultimo complice
Le detonazioni, la porta che salta, l’odore di cordite, l’irruzione. Alle 3.35 di domenica 9 febbraio è finita la fuga di Domenico Cutrì. L’ergastolano, scappato lunedì dal carcere di Gallarate, è stato catturato dai carabinieri in via Villoresi, a Inveruno, suo paese natale. Cutrì, 31 anni, dormiva sui cuscini di un divano nell’appartamento di una palazzina in costruzione.
Con lui c’era l’ultimo complice. Nella casa, al piano terra, che un cortile separa da altri locali e da un piccolo gabinetto, c’erano pasta, riso, farina, pane, biscotti, merendine, bottiglie d’acqua e di latte, un piccolo fornello e tabacco, tutti rifornimenti per proseguire il più possibile la latitanza. Sul pavimento
erano sparsi i quotidiani con le pagine di questi giorni che hanno raccontato la caccia intensa, asfissiante, condotta dai carabinieri coordinati dalla Procura di Varese. In azione i militari del Comando di Varese e del Ros, il Raggruppamento operativo speciale dell’Arma. Il blitz in via Villoresi è stato condotto dal Gis, il Gruppo d’intervento speciale dei carabinieri. Cutrì era armato di una pistola ma non ha nemmeno avuto il tempo di capire cose stesse accadendo che già era in manette. L’inseguimento dunque è terminato in meno di una settimana.
Sono stati giorni di intuito e tattica investigativa. Tra mercoledì e giovedì erano stati fermati quattro banditi del commando, due dei quali si erano messi a cantare. Venerdì era stata la volta di Daniele Cutrì, il fratello più piccolo di Domenico (l’altro fratello, Nino, ideatore del piano, era morto nell’assalto in Tribunale, colpito dai proiettili delle guardie penitenziarie) . Sempre venerdì, era stata catturata Carlotta Di Lauro, fidanzata di Nino e mamma d’un piccolo di cinque anni, che lei s’è portata dietro nella fuga. Sabato, infine, era stato fermato il settimo uomo della banda. L’ottavo stava al fianco di Cutrì. Non montava la guardia. Dormiva. Forse nel covo di via Villoresi pensavano di essere al sicuro. Era uno dei tanti nascondigli presi in considerazione dal commando ma allo stesso tempo controllati dai carabinieri.
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