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CRAPARU = Capraio. Allevava una diecina di capre, portandole al pascolo ogni
giorno. Dalle prime piogge all’inizio d’estate, di mattina presto, il capraio
con le sue capre passava per le strade del paese e distribuiva ai clienti il
latte che teoricamente mungeva di presenza. Spesso, furbescamente, quando il
cliente si affacciava alla porta già lui aveva incominciato a mungere nella
misura, dove prima aveva versato un poco d’acqua calda.
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PICURARU = Portava le pecore al pascolo, ma di mattina molto presto faceva “la
tumma” (il formaggio fresco), la ricotta e la "zzabbina" fumante e
tanto gustosa, che la gente andava a comprare con la "camella"
(recipiente d’alluminio con il coperchio) per fare colazione. Inoltre, dalle
pecore otteneva lana, carne d’agnello e di pecora. Gli allevamenti di pecore
erano numerosissimi, perché i terreni non bonificati erano molti; inoltre
ancora si praticava la cultura a grano che richiedeva, con la rotazione agraria
un anno di riposo ogni tre anni, con pascoli abbondanti. Purtroppo, il pastore,
per il suo mestiere, che ancora esiste in maniera più ridotta, procurava danni
ai contadini, facendo pascolare il suo gregge
“a pascolo abusivo” anche nei terreni coltivati.
VITO
MARINO
Ricordi indelebili a Carmela per andare a ricotta cu sieri per fare colazione e poi andare a scuola a piedi
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