LU CAPPIDDARU
Durante la civiltà contadina e fino agli anni ’50
circa non solo la donna, ma anche l’uomo portava la testa coperta. Il contadino
e la classe più bassa della popolazione portava “la coppula” (il berretto),
mentre la borghesia e la nobiltà portava il cappello. Cappello e bastoncino da
passeggio erano un segno di distinzione sociale. Portava il cappello anche la
donna del medio e alto ceto sociale, la donna del basso ceto portava “lu
sciallu a pizzu” (lo scialle) che dalla testa scendeva fino alle caviglie. Il cappello della donna era più complicato
perché ornato con fronzoli vari.
“Lu cappiddaru” confezionava cappelli su misura per
uomo e per donna. Siccome molti cappelli erano fatti di pelle d’animale, in Via
Crispi c’era il cappellificio di Palazzotto, che conciava e lavorava anche la
pelle di pecora e di capra, che si trovava facilmente sul mercato locale.
Una volta le botteghe erano piccole, quindi molti lavori
si eseguivano per strada o sul
marciapiede antistante; c’era pertanto la possibilità
di osservare le varie fasi della lavorazione (la concia). Per prima cosa le
pelli erano cosparse di sale e arrotolate per farle disidratare, quindi erano
raschiate per togliere i grassi e le parti molli ancora attaccati e messe ad
asciugare ben stirate tramite dei cerchi. Per ultimo erano trattate con “la
luma” (allume), che riscaldato acquista un aspetto vetroso (allume di rocca),
per evitare alle pelli di guastarsi col tempo.
VITO MARINO
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