Si intratteneva con donne legate a imputati e trans. Inchiodato dalle intercettazioni deve rispondere di concussione, corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio
Una storia di sesso in cambio di favori, ma non in un ufficio qualunque. Il protagonista è Roberto Staffa, 55 anni, napoletano, pubblico ministero di Roma, fino a poco tempo fa inserito nel pool
della direzione distrettuale antimafia.
della direzione distrettuale antimafia.
Concussione, corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio i reati contestati al magistrato dalla procura di Perugia, competente a procedere nei confronti degli inquirenti della capitale, che oggi, tramite i carabinieri, ha fatto notificare all’indagato l’ordinanza di custodia cautelare. Staffa è stato trasferito nel carcere di Capanne, nel capoluogo umbro, e quasi certamente venerdì prossimo sarà sottoposto all’interrogatorio di garanzia. Una brutta storia che prende avvio dalle dichiarazioni di un trans, arrestato in una retata antiprostituzione, e che trova la prova in alcune intercettazioni ambientali e video che inchiodano Staffa: gli scambi sessuali, con donne legate a imputati e trans, avvenivano anche nel suo ufficio di Piazzale Clodio.
Pesanti le accuse formulate dal procuratore Giacomo Fumu e dal sostituto Angela Avila. In sostanza sesso come baratto: in cambio di informazioni su procedimenti giudiziari al suo vaglio, in cambio di permesso di colloqui con un detenuti e anche di permessi di soggiorno per motivi di giustizia.
Gli accertamenti sono partiti proprio su input della procura di Roma. Ad incastrare il pm sono stati, tra l’altro, le dichiarazioni di un trans il quale, interrogato dal pm Barbara Zuin nell’ambito di un procedimento per prostituzione, avrebbe dichiarato di essere ricattato da Staffa, che in cambio della sua `protezione´ pretendeva rapporti sessuali, ed un’intercettazione ambientale, con relativo filmato, del rapporto sessuale consumato con una donna in cambio, appunto, di un colloquio in carcere. A Roma, dove era in servizio da 15 anni, Staffa era arrivato da Venezia dove aveva ricoperto il ruolo di presidente di Corte d’Assise. In questa veste, nel 1997, il magistrato condannò a 19 anni di carcere Felice Maniero, l’ex boss della banda del Brenta accusato di nove omicidi, e processo’ i componenti del gruppo dei «Serenissimi» protagonista di un clamoroso assalto al campanile di piazza San Marco la notte tra l’8 e il 9 maggio del 1997. Ma a Venezia Staffa era arrivato dopo un trasferimento deciso dal Csm: il magistrato nell’89, in forza a Trieste, aveva firmato una lettera di soliadrieta’ per un imputato, poi condannato, per pedopornografia.
A Roma è stato titolare dell’inchiesta sugli aborti clandestini avvenuti presso la clinica Villa Gina che sfocio in vari arresti tra cui quello del professor Ilio Spallone. Poi la Dda e ultimamente le inchieste su droga e prostituzione. A piazzale Clodio Staffa era noto anche per aver fatto parte di un gruppo musicale, i Dura Lex, in cui suonavano anche altri magistrati e avvocati. «Staffa - ha dichiarato il suo difensore, Salvatore Volpe - è un galantuomo assoluto, un magistrato che ha sempre anteposto il dovere e gli impegni professionali alle esigenze personali».
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